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Santuario di San Gennaro
La storia l’abbiamo raccontata già: il santo beneventano, patrono di Napoli, avrebbe dovuto essere giustiziato nell’Anfiteatro Flavio ma le bestie “incaricate” di smembrarne il corpo improvvisamente ammansirono, costringendo il comandante romano Dragonzio, che aveva disposto l’uccisione del santo, a spostarsi alla Solfatara dove San Gennaro venne infine decapitato insieme ai martiri Festo e Desiderio. Nell’VIII secolo sul luogo dell’omicidio sorse una piccola chiesa paleocristiana, che poi è stata ristrutturata e ingrandita. Nel 1890 un incendio impose una nuova ristrutturazione della chiesa portata a temine subito dopo l’ondata di peste con ulteriore abbellimento nel 1926. Ultima tappa nel 1945 con l’elevazione del santuario a parrocchia, quale riconoscimento della popolarità del sito, meta di pellegrinaggio tutto l’anno con fedeli provenienti da ogni dove. Oggetto di culto, in particolare, è una pietra custodita in una cappella di destra della chiesa dove, secondo leggenda, San Gennario venne decapitato lasciando due macchie di sangue tuttora ben visibili sulla superficie. Nei giorni del cosidetto miracolo di San Gennaro (la liquefazione del sangue custodito nelle ampolle al Duomo di Napoli) anche le macchie di sangue presenti sulla pietra porosa parteciperebbero al prodigio assumendo un colore rosso più intenso del solito. Questioni di fede in grado di muovere migliaia di persone con tutte le ricadute turistiche che ne derivano.
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